sabato 10 aprile 2010

L'UOMO NELL'OMBRA

THE GHOST WRITER
DI Roman Polanskey
Con Ewan McGregor, Pierce Brosnan, Olivia Williams, Kim Kattral, James Belushi

Dopo l’adattamento di Oliver Twist Roman Polansky ritorna al suo genere più fortunato, il thriller, basandosi su un romanzo di Robert Harris, dalla storia piuttosto lineare, e quasi banale, che Polansky con gran classe fa sua.
C’è uno scritore ombra, ( Ewan McGregor ), che viene assunto per l’ambito compito di scrivere l’autobiografia al primo ministro inglese, un tale Adam Lang che proprio in quel momento è accusato di aver autorizzato pratiche di tortura sui prigioneri della guerra in Iraq ( vi ricorda qualcosa?...). La spunto iniziale si esaurisce qui, delineandosi come un thriller complottistico a tinte fosche non particolarmente originale ma che Polansky ha l’astuzia di trasformare nel suo consueto incubo. Ritroviamo così nella roccaforte del presidente collocata su un’isoletta dall’ubicazione indefinita l’ambientazione isolata e opprimente di Cul De sac, che rimanda a connotati più che mentali che fisici ( Shutter island..), nella quale l’attonito scrittore protagonista si muove sprofondando in un abisso di paranoia, seguendo quasi come predestinato le orme del suo sventurato predecessore, - morto annegato, ancora una volta l’acqua nel cinema di Polansky - del quale ricalca persino le mosse e lo stesso percorso – un chiaro rimando a l’inquilino del terzo piano e al suo tema del doppio -. Personaggi femminili enigmatici e conturbanti, con un’algida e penetrante Olivia Williams che ricorda la Sigourney Weaver de La morte e la fanciulla, non fanno che accrescere il senso di mistero, un mistero evocato dai dialoghi, dalle inquadrature e dal fuori campo.
The ghost writer si lega in modo inquietante all’attualità citando Blair e costruendo ancora una volta, come il regista non si è ancora stufato di mostrare, un gemoetria del terrore senza uscita, un cerchio chiuso dove tutto si ripete all’infinito, fotografia di un perenne stato del mondo dominato da poteri prevaricanti e disumani. La denuncia politica si fonde alla lezione di cinema, sceneggiatura, regia, nei giochi di campo e fuori campo, e nel solido cast, che fanno di questo thriller un opera colma di tensione che culmina in un finale che è già fin da subito un classico del repertorio polanskiano.

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