martedì 6 dicembre 2011

INSIDIOUS di JAMES WAN

Interessante nella confezione ma non irresistibile nella sostanza la nuova giostra horror di James Wan


La famiglia Lambert si è appena trasferita: con ancora tutti gli scatoloni da sistemare, il piccolo Dalton una mattina non si sveglia più. Tecnicamente sta benissimo, ma non risponde agli stimoli. Sua mamma, Renai, ci mette poco a capire che suo figlio non è un coma, ma quello che gli è successo ha a che fare con gli strani fenomeni che avvengono nella casa. Apparizioni improvvise, sensazione di essere spiata, oggetti che prendono vita. Ma non è la casa ad essere infestata…


James Wan è il regista che, al di la’ di ogni pur lecita valutazione personale, ha dato nuovo lustro al genere horror inventando un nuovo Boogeyman degli anni 2000. Quel Jigsaw che, nonostante la fine provvisoria della saga – ma mai dire mai -, è entrato definitivamente nell’immaginario collettivo accanto a Freddy Krueger e Jason Vorhees. Terminato il ciclo, il regista si da’ ad un filone che qualsiasi regista di horror degno di questa definizione deve prima a poi affrontare: la casa infestata. Ricalcando un percorso narrativo tutt’altro che originale, che fa convergere il filone della casa con quello della possessione demoniaca, Insidious chiarisce la propria natura fin dai suoi primi bellissimi trenta secondi: un piano sequenza che parte dal letto di un bambino, si sposta con un carrello a destra volteggiando nei corridoi, inquadra un’ombra e si ferma su un volto spettrale illuminato da una candela. Parte il titolo in sovraimpressione, realizzato con un carattere che omaggia i classici degli anni ’50, in sottofondo la tipica colonna sonora da ghost-story di quel periodo. Quello che il prologo preannuncia, e che il film effettivamente sarà, è una mera operazione di modernariato, una realizzazione ripulita e di alto livello tecnico di un cinema del passato. Se nella prima parte il film sembra procedere per la più prevedibile strada della ghost-story moderna – alla Le verità nascoste o Sesto Senso per intenderci -, non bisogna ingannarsi: da metà film in poi, Insidious palesa la sua vera natura, a metà tra l’omaggio – innumerevoli le citazioni, dalla cantina dell’Esorcista a Amitivylle -, passando per imprevedibili momenti di parodia scoperta – l'intervento iniziale dei due acchiapafantasmi, che d’altra parte non poteva che essere ironico -, fino alla sarabanda finale che è puro Poltergeist e derivati. Se nella prima parte il film riesce a causare qualche bello spavento grazie ad un ottimo utilizzo degli spazi – tra i produttori c’è l’Oren Peli di Paranormal Activity, nella seconda diventa un divertissement “colto” e cinefilo che gioca con i topoi del genere senza però incidere, proprio a causa del suo meccanismo troppo esibito.

Insidious è un’operazione interessante, che guarda ammiccante ai classici con una confezione di altissimo livello, una regia di ampio respiro e ottimi attori – lei è la bravissima Rose Byrne di Damages -. Ci sono momenti notevoli – la presa di coscienza del padre della natura della malattia del figlio – e un gran lavoro sul sonoro, sul quale lo studio dei classici è evidente. Ma non mancano neanche cadute nel trash – le “statue di cera” sono uno degli svariati scivoloni Kitch-. Tirando le somme resta poco da ricordare, e la consistenza del film, per la sua intrinseca natura, nonostante gli alti valori in gioco, pare più vicina a quella di un giro sulla Haunted Mansion di Disneyland che a quella di un horror davvero memorabile

6

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