La famiglia Lambert si
è appena trasferita: con ancora tutti gli scatoloni da sistemare, il piccolo
Dalton una mattina non si sveglia più. Tecnicamente sta benissimo, ma non
risponde agli stimoli. Sua mamma, Renai, ci mette poco a capire che suo figlio non
è un coma, ma quello che gli è successo ha a che fare con gli strani fenomeni
che avvengono nella casa. Apparizioni improvvise, sensazione di essere spiata,
oggetti che prendono vita. Ma non è la casa ad essere infestata…
James Wan è il regista che, al di la’ di ogni pur lecita
valutazione personale, ha dato nuovo lustro al genere horror inventando un
nuovo Boogeyman degli anni 2000. Quel
Jigsaw che, nonostante la fine
provvisoria della saga – ma mai dire mai -, è entrato definitivamente
nell’immaginario collettivo accanto a Freddy Krueger e Jason Vorhees. Terminato
il ciclo, il regista si da’ ad un filone che qualsiasi regista di horror degno di
questa definizione deve prima a poi affrontare: la casa infestata. Ricalcando
un percorso narrativo tutt’altro che originale, che fa convergere il filone della
casa con quello della possessione
demoniaca, Insidious chiarisce la
propria natura fin dai suoi primi bellissimi trenta secondi: un piano sequenza
che parte dal letto di un bambino, si sposta con un carrello a destra
volteggiando nei corridoi, inquadra un’ombra e si ferma su un volto spettrale
illuminato da una candela. Parte il titolo in sovraimpressione, realizzato con
un carattere che omaggia i classici degli anni ’50, in sottofondo la tipica
colonna sonora da ghost-story di quel periodo. Quello che il prologo
preannuncia, e che il film effettivamente sarà, è una mera operazione di modernariato,
una realizzazione ripulita e di alto livello tecnico di un cinema del passato.
Se nella prima parte il film sembra procedere per la più prevedibile strada
della ghost-story moderna – alla Le
verità nascoste o Sesto Senso per
intenderci -, non bisogna ingannarsi: da metà film in poi, Insidious palesa la sua vera natura, a metà tra l’omaggio –
innumerevoli le citazioni, dalla cantina dell’Esorcista a Amitivylle -,
passando per imprevedibili momenti di parodia scoperta – l'intervento iniziale
dei due acchiapafantasmi, che d’altra parte non poteva che essere ironico -,
fino alla sarabanda finale che è puro Poltergeist e derivati. Se nella prima parte il film riesce a causare qualche bello
spavento grazie ad un ottimo utilizzo degli spazi – tra i produttori c’è l’Oren
Peli di Paranormal Activity, nella
seconda diventa un divertissement “colto” e cinefilo che gioca con i topoi del genere senza però incidere,
proprio a causa del suo meccanismo troppo esibito.
Insidious è
un’operazione interessante, che guarda ammiccante ai classici con una
confezione di altissimo livello, una regia di ampio respiro e ottimi attori –
lei è la bravissima Rose Byrne di Damages
-. Ci sono momenti notevoli – la presa di coscienza del padre della natura
della malattia del figlio – e un gran lavoro sul sonoro, sul quale lo studio dei classici è evidente. Ma non mancano neanche
cadute nel trash – le “statue di cera” sono uno degli svariati scivoloni Kitch-.
Tirando le somme resta poco da ricordare, e la consistenza del film, per la sua
intrinseca natura, nonostante gli alti valori in gioco, pare più vicina a
quella di un giro sulla Haunted Mansion di Disneyland che a quella di un horror
davvero memorabile
6
Nessun commento:
Posta un commento